In un mondo che esalta il controllo, l'efficienza e la performance, l'infantilità viene spesso percepita come un difetto. Un'etichetta scomoda, un giudizio frettoloso, una parola che suggerisce immaturità o irresponsabilità. Eppure, se osservata da un'altra prospettiva, può diventare una qualità preziosa, un indizio di autenticità, creatività e desiderio di evoluzione. Conservare uno sguardo infantile significa non perdere la capacità di stupirsi, di creare, di giocare con le idee e con il mondo. I bambini sono per natura esploratori, filosofi intuitivi, artisti istintivi. Le passioni spesso considerate "infantili" — cartoni animati, fumetti, videogiochi, fiabe — non sono forme di fuga dalla realtà, ma strumenti per comprenderla e trasformarla. Attraverso l’immaginazione si elaborano emozioni, si costruiscono identità, si affrontano temi profondi come la perdita, l’amicizia, la diversità, la paura. Non è un caso se sempre più adulti trovano in queste espressioni artistiche non solo conforto, ma anche ispirazione. Riconoscere e accogliere il proprio “bambino interiore” non significa rifiutare la maturità. Significa non dimenticare le radici della nostra autenticità. Forse è arrivato il momento di ripensare le nostre definizioni di “adulto” e “infantile”. Infantilità non è regresso, ma potenziale
Chi mantiene viva quella scintilla non è rimasto indietro: è ancora in cammino.Una cultura della fantasia
Il bambino interiore è un alleato evolutivo
Chi riesce a tenere viva quella parte di sé tende ad essere più flessibile, creativo, capace di pensare fuori dagli schemi e di coltivare relazioni più sincere.Verso un nuovo paradigma
Forse crescere non è smettere di giocare, ma imparare a farlo con consapevolezza.
E forse, tra le qualità più rare e rivoluzionarie del nostro tempo, c’è proprio la capacità di conservare la meraviglia.