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25 Aprile: la mia libertà comincia da Domodossola

2025-05-23 20:53

Simona Gibroni

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Illustrazione ispirata alla natura e al benessere olistico

Guardano il cielo, sdraiati sull’erba.Un gesto semplice, che un tempo non era concesso.Oggi è libertà.E qualcuno, ieri, l’ha resa possibile.

Sono nata a Domodossola, tra valli che hanno custodito un sogno lungo quaranta giorni.


Era il 1944, e su quelle montagne la libertà ha trovato rifugio.
Una repubblica fragile e coraggiosa, un gesto di resistenza contro il buio. 
Oggi, in quel respiro breve ma potente, ritrovo le radici del mio sentire.


Per me, la libertà non è un ricordo da celebrare una volta l’anno, é una scintilla che vive nelle scelte quotidiane, nei pensieri liberi, nella voce che non tace.

Ogni giorno, la mia resistenza è creativa. È silenziosa, ma presente, come la nostra carissima corona di montagne.


Bandiera Italiana sgualcita ma sventolante



Fu proprio tra queste valli che, per un attimo intenso e autentico, la speranza prese forma concreta. 


La Repubblica dell’Ossola nacque non come atto di ribellione al regime, ma come esperimento di democrazia vera, fatta da uomini e donne che avevano vissuto il silenzio, l’oppressione, e ora volevano parlare.

Nello sceneggiato televisivo degli anni ’70 "Quaranta giorni di libertà", c’è una scena che racchiude lo spirito di quel sogno. Durante la creazione della nuova giunta comunale, alcuni operai si alzano per andarsene, convinti — per abitudine, per rassegnazione — che la politica non sia affare loro.
Ma stavolta, qualcuno li ferma: “No, restate. In questa Repubblica, ogni voce conta. Ogni ceto deve essere rappresentato.”




Eppure, quella scena non appartiene solo al passato.
È un invito. Un richiamo a restare, ad ascoltare, a non fuggire.


Oggi più che mai, in un tempo di rumori e giudizi affrettati, dovremmo imparare ad aprirci all’ascolto sincero, oltre le apparenze. 


La libertà non è completa finché non tocca tutti, anche chi non ci somiglia, anche chi ci sembra distante.

Non serve pensare a utopie lontane: la realtà può cambiare un gesto alla volta, con ogni piccola contribuzione che nasce dal rispetto, dalla voce che non tace, e da uno sguardo che accoglie.


Perché la libertà non è un privilegio, è una responsabilità condivisa.

E se qualcuno ci chiede cosa significhi davvero resistere oggi, la risposta potrebbe essere più semplice e più radicale di quanto sembri: restare noi stessi, nonostante tutto.

Non in quel senso retorico e individualista, ma nel senso profondo: custodire la nostra integrità originaria, quella che portiamo dalla nascita, prima che la paura o la convenienza ci rendano simili a chi sceglie il potere al posto della coscienza.

Essere se stessi non è chiudersi, è esporsi.


Non è imporsi, è ascoltare.


Non è combattere per affermarsi, è agire con coerenza anche quando nessuno applaude.

Questa è la nostra piccola, possibile resistenza, quotidiana, silenziosa, ma viva.
E nessun calcolo geopolitico potrà mai annullarla.






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