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Una casa fatta di arte silenziosa delle pietre che ricordano

2025-11-17 21:55

Simona Gibroni

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Una casa fatta di arte silenziosa delle pietre che ricordano

Un racconto poetico sul vivere in una casa del Rinascimento nel cuore di un antico nucleo ticinese. Pietre che ricordano, corti silenziose, focolari del XVI sec

Quando sono arrivata qui, non cercavo perfezione.
Cercavo spazio, silenzio, autenticità.
E ho trovato un luogo che respira ancora come nel 1500:
una corte chiusa di ciottoli, archi consumati,
scale che portano con sé migliaia di passi,
travi scure segnate dai tarli e dal tempo.

 

E poi lui: il camino.
Un’intera parete di pietra, profonda come l’ombra delle sere invernali,
dove un tempo si cucinava, si parlava, si vegliava.
Oggi è diventato un salottino, un rifugio dentro il rifugio,
un luogo dove la memoria sembra sedersi accanto a me
senza fare rumore.

Vicino, come un piccolo altare domestico,
c’è il focolare antico: un blocco di pietra, una nicchia con panca,
una finestra che lascia entrare la luce
proprio dove un tempo viveva il fuoco.


Mi hanno detto che quella era la cucina comune di tutta la casa,
quando queste mura erano un’unica grande dimora padronale
con servitù, stalle, cortili interni e un ordine del mondo che oggi non esiste più.

 

Camminando qui dentro, penso spesso alle persone che sono passate prima di me:
a chi è nato tra queste pietre,
a chi ha lavorato, pregato, sofferto, riso,
a chi se n’è andato lasciando un’impronta invisibile.
 

Case così non si limitano a contenere:
accompagnano.

 

Molti direbbero che una casa antica è scomoda:
non ci sono aspiratori invisibili nei soffitti,
le finestre sono piccole, i muri in pietra non si lasciano scalfire nemmeno per i quadri più belli, 

e ogni tanto un trave ricorda la sua età.


Eppure, nelle stanze che si chiudono con un catenaccio ci sono pavimenti moderni, 

la luce filtra negli angoli con una morbidezza che nessuna lampada sa imitare, 

e ogni locale ha un respiro proprio, che cambia con le stagioni e con l’umore del giorno.

 

Non è una casa perfetta.
È una casa viva.

E dentro questa vita ci sto bene.
Perché mi offre spazio per tutto:
per i ricordi, per il presente, per i sogni che si ostinano a nascere
anche quando non li cerco.

Abitare una casa così significa accettare un dialogo continuo:
tra passato e presente,
tra memoria e quotidianità,
tra ciò che siamo e ciò che è venuto prima di noi.

E forse è per questo che la amo:
perché mi ricorda che il tempo non è un nemico,
ma un compagno di viaggio che lascia tracce di bellezza
anche quando crede di essere passato inosservato.