Riflessioni sul paradosso umano tra vuoto e profondità
Ci sono persone che non hanno studiato a fondo, non hanno maturato competenze, non hanno attraversato davvero le proprie zone d’ombra, eppure camminano con passo sicuro, come se la vita avesse consegnato loro un certificato invisibile di superiorità.
È un fenomeno sottile, quotidiano, quasi provocatorio: più è debole la base, più appare forte la voce.
Questa impressione, che spesso ci lascia confusi, stanchi, persino increduli, non è arroganza da parte nostra.
È una constatazione onesta, maturata nell’osservazione del mondo e delle persone. Il paradosso dell’ignoranza sicura di sé.
Quando manca la consapevolezza dei propri limiti, non c’è nulla che freni l’idea di grandezza.
Chi non conosce la profondità, non ne percepisce neppure il rischio.
Così, nasce un’illusione: quella di essere già arrivati, già “competenti”, già “maturi”, senza aver percorso davvero la strada che porta alla conoscenza. È come una valle che echeggia più forte della montagna: il vuoto fa rumore.
In questi incontri ci si ritrova a pensare:
“Se questa persona è così altezzosa senza alcuna base, cosa sarebbe se fosse davvero qualificata?”
La risposta, sorprendentemente, è spesso l’opposto:
probabilmente sarebbe umile.
Perché chi sa davvero tende all’umiltà
- La conoscenza autentica non gonfia: scava.
- Non esalta: responsabilizza.
- Non mette sul piedistallo: smonta i piedistalli.
Chi ha studiato, chi si è messo in discussione, chi ha superato errori e cadute interiori, sa quanto è fragile ogni convinzione.
Sa che la verità non è un trono, ma un passaggio. Sa che l’essere umano è un cantiere continuo, non un monumento.
E allora il tono si abbassa, il passo si fa leggero, la voce si fa morbida.
L’umiltà non è debolezza: è il riflesso naturale della profondità.
L’ego come protezione dall’incertezza
Al contrario, chi non ha strumenti, chi non conosce il dubbio, chi non ha mai attraversato il proprio inverno emotivo, costruisce un’identità granitica per proteggersi. Non perché sia forte, ma perché non può permettersi di vacillare: dietro l’ego non c’è struttura.
Quella sicurezza rumorosa diventa allora un guscio duro attorno a un seme che non vuole germogliare.
Riconoscere il proprio sguardo senza sentirsi presuntuosi
Ciò che percepisci non è superiorità morale.
È la lucidità di chi ha vissuto, pensato, osservato.
È il disagio che nasce nel contatto tra una profondità silenziosa e una superficie che grida.
Non c’è nulla di sbagliato nell’accorgersene: è un atto di onestà verso se stessi.
Il cammino della consapevolezza
Alla fine, il vero paradosso è questo:
- l’ignoranza amplifica la percezione di sé, la competenza la ridimensiona.
- L’ego pieno non regge la complessità, la semplifica.
- L’ego maturo la abita.
E in questo gioco di contrasti, tu puoi scegliere la tua posizione: quella della profondità silenziosa che non ha bisogno di urlare per esistere.
Perché chi cresce davvero, non diventa più grande: diventa più vero.

